domenica 6 dicembre 2009

scivere di corsa. perché?


Mi piace condividere quanto la corsa mi dà, e sento la "necessità" di comunicarlo, pertanto affido alle parole il compito - non facile - di dare un senso compiuto alle mie esperienze podistiche, parole che possono arrivare a chi le sa ascoltare, a chi condivide con me questa passione, che non è la corsa al risultato, ma la corsa per una vita resa più piena dalle tante emozioni, sensazioni, vittorie personali, conquiste, benessere... che questo sport regala.

lunedì 30 novembre 2009

La Maratona, una lunga linea verde


“Corri, corri, vedrai che ti porto di sicuro alla meta”, mi sussurra una lunga linea verde. Mi fido, la seguo per 42,195 km, e mi porta da piazzale Michelangelo a Piazza Santa Croce a Firenze: è la linea della mia prima Maratona. Una linea da seguire, che stavo inseguendo da mesi, forse, senza saperlo, da anni. Una linea affascinate, che mi porta alla scoperta di me stessa, delle mie capacità, possibilità, limiti.
Ogni tanto la perdo di vista, poi riappare e mi richiamava all'ordine: “Corri!” E io ho corso, sono arrivata alla meta, non fermandomi mai. All'arrivo, nella stanchezza più totale, mentale e fisica, chiedo di farmi mettere la medaglia al collo perché sento di meritarmela, ce l'ho fatta. Mi dico, “Ce l'ho fatta... Ho vinto”. Ora sono più ricca, e questa ricchezza me la sono guadagnata correndo da sola, correndo senza chiedere sconti, correndo senza cercare scorciatoie.
Le settimane e i giorni prima della gara sono stati un altalenarsi di pensieri positivi e negativi, dal “chi me lo fa fare” al “se tutto va bene sarò maratoneta”. L'infortunio al ginocchio avrebbe potuto essere un'ottima motivazione per rimandare tutto, ma la mia determinazione me l'ha impedito. E alla fine ne sono uscita vittoriosa.
La gara, incorniciata da una splendida Firenze miracolosamente allietata dal sole, è stata una bellissima avventura. Avrei dovuto correre assieme a Carlo, avevamo preso accordi per vederci alla partenza, ma... non ci siamo proprio visti, quindi mi metto l'animo in pace e aspetto. La vista dal piazzale Michelangelo è stupenda, ma la gelida brezza mattutina che soffia sul collo un po' meno romantica... La sensazione di essere In mezzo a 10 mila persone è strana: mi sento davvero una formichina insignificante, ma mi rendo conto che le diecimila persone sono tutte determinate come me, tutti podisti approdati lì per correre, come me, tutti alla ricerca di qualcosa, come me. Talmente concentrata in questi pensieri, che non ho sentito lo sparo e ho cominciato a camminare perhè gli altri lo facevano, poi piano piano a correre. Il primo tratto è in discesa per circa 2 km, poi tutto pianeggiante, a parte qualche salitella insidiosa che mi fa perdere il ritmo. Non sono molto “tecnica”, non oso dire che ho impostato la gara in maniera regolare, anzi, credo di non essere neppure all'altezza di “impostare” una gara, ma ho cercato di correre con un ritmo regolare, non fermandomi mai, e ai ristori camminando velocemente, prendendo i bicchieri e le bottigliette d'acqua al volo. Sono passata alla mezza con il mio solito tempo, quindi avrei dovuto darmi da fare per il resto della gara. Altrettanti km da percorrere!
Da molte parti ho letto della possibilità che i maratoneti ad un certo punto incontrino “il muro”, dopo il 30° km, e anche dopo. Al 28° ho avuto una piccola crisi: forse il muro, ho pensato, chissà. Ma l'ho superata e sono ripartita con maggiore determinazione, ma sempre aspettando il crollo. Passo al 30°, nulla. Al 35°, ristoro: “E il muro? Forse più avanti”, penso, e proseguo nell'attesa del crollo. Al 38° vedo tantissimi atleti che camminano, prima o poi sarebbe toccato anche a me. 39°, 40°... A questo punto inizio a muovere un po' più velocemente le gambe, inizio a superare, punto due o tre atleti e li passo, il Lungarno, il rettilineo prima della partenza è gremito di atleti, sento una voce che mi incita, guardo il Garmin... penso che potrei farcela e impegno tutte, ma proprio tutte le risorse che mi sono rimaste, mentali e fisiche per riuscire a raggiungere il finish. Arrivo. Il Garmin segna 4.29.29. Ho centrato l'obiettivo che mi ero prefissa prima della partenza. Ne sono felice. Gioisco di questo momento. Poi un nodo alla gola, voglia di piangere, nessun volto noto all'arrivo... non voglio piangere. Ma la felicità spesso è fatta anche di lacrime, lacrime di gioia che sono sgorgate copiose quando le ho lasciate andare. Mi sono sentita meglio, ho osservato la medaglia. La mia prima medaglia da maratoneta. Ho vinto, ho vinto... Non ho deluso me stessa... Questi gli ultimi pensieri.
Le amiche e gli amici con cui ho condiviso questa esperienza mi aspettano, non sono sola. E sorridendo mi avvio verso gli altri, sorridendo e sorridendo e sorridendo... Arrivo e mostro una medaglia, quella della podista poco efficiente che ha corso la sua prima maratona. E l'ha finita, nonostante tutto.

lunedì 19 ottobre 2009

il battesimo della lunga distanza

Il battesimo della lunga distanza

“Questa volta sono davvero sola”, ho pensato dopo aver parcheggiato a Marano Lagunare. I dubbi mi avevano assalita già durante il tragitto, forte è stata la tentazione di fare dietrofront. A Marano non c'erano ancora molte persone, era piuttosto freddo, ma la vista dalla Vecchia Pescheria, la laguna illuminata dal sole del primo mattino che si stava alzando pieno di promesse erano già una premessa positiva. Scatto la mia prima foto, poi mi guardo attorno. Arriva un organizzatore, mi dice che il pullman partirà puntuale, quindi non c'era da fare altro che aspettare. Un caffè. E poi ho aspettato, paziente, rimproverandomi l'abitudine di arrivare sempre troppo presto. Gli atleti, alla spicciolata, si radunano, si raccontano, come succede sempre prima delle gare. Descrivono il percorso, dicono che è bella, che ne vale la pensa. Mi riconosce un compagno di squadra, Carlo, che non avevo mai visto agli allenamenti. In fin dei conti non ero sola e, riflettendoci, la sensazione di solitudine non appena ti immedesimi nella gara sparisce. Sempre. Il ghiaccio è rotto. Il peggio è passato.
Saliamo sul pullman, si parte. Gli atleti in tutto sono circa una trentina. Leggo i messaggi sul mio cellulare, mi invitano a divertirmi, a non mollare, e soprattutto a non pensare ai tempi. Ascolto stralci di conversazione, la strada è lunga... “questa distanza la percorrerò con le mie gambe” pensavo. Ma il pensiero di abbandonare era rimasto nella mia auto parcheggiata a Marano. Ero lì, pronta ad affrontare una nuova avventura, di corsa. I miei primi 36 chilometri. Il battesimo della lunga distanza. La CormorUltra non competitiva.
A Zugliano ci aspettano gli organizzatori che ci consegnano il pettorale e il pacco gara, contenente una maglietta tecnica. Nonostante sia una non competitiva sono partita con il pettorale n. 108, e mi sono sentita in gara. Cudini, in bicicletta, ci fa da apripista e accompagnatore.
Il via al rintocco delle campane, e l'avventura inizia. Avevo fatto tanti e tanti conti conti prima, vado a 7, vado a 6.30.... invece ho dovuto correre senza supporto tecnologico, dato che il mio Garmin era morto prima di partire. Decido di provare a correre assieme a Carlo, ci eravamo scambiati qualche informazione relativamente alla velocità da mantenere, il tempo, e probabilmente avremmo avuto lo stesso passo.
All'inizio i 36 km ci sono sembrati davvero tanti, ma decidiamo allegramente di porci obiettivi intermedi di 10 km. La nostra andatura ci permetteva di chiacchierare, siamo arrivati al 10° km senza affanno, al 20° km ci siamo detti “bravi”, il passaggio alla mezza in 2 ore circa ci ha dato la carica per continuare così. Velocità di crociera: 6. Il 28° chilometro, per entrambi segna l'ingresso in un territorio mai conquistato: come per gli antichi Romani “hic sunt leones”, di qui in poi può succedere di tutto, io non avevo mai superato i 27, e lui i 28. Proseguiamo, sempre allo stesso passo, arriviamo a 30. Incredibile. Le gambe tengono, l'affanno è gestibile. 32: li guardo, mi dico: dài, manca davvero poco, ma sta' attenta, saranno durissimi. Incontriamo Antonio, è venuto a “prenderci” in bicicletta, ci ha accompagnato fino al traguardo, incitandoci. 34: il traguardo si avvicina, ma la Fatica, quella con la F maiuscola, è arrivata, inesorabile; la prendo per mano, la gestisco, penso al respiro, cerco di mantenere il ritmo, purtroppo in questi ultimi chilometri fortissime folate di vento contrario ci ostacolano. E sembra non finiscano mai, sembrano davvero più di 2 i chilometri alla fine. Carlo è un po' più avanti, ma non lo perdo di vista. Anche lui sta lottando contro il vento. La lunghissima strada sterrata finalmente finisce, si intravede la statale, e dopo quella il centro di Marano e l'arrivo. Non sento più il vento, tento una leggera progressione e raggiungo Carlo; decidiamo di arrivare insieme al traguardo. Lo tagliamo in vero e proprio momento di gloria per entrambi. E' fatta. Abbiamo conquistato i nostri primi 36 chilometri, il battesimo della lunga distanza è celebrato. Le foto di rito, gli abbracci, la felicità. Siamo arrivati a traguardo in 3h 53; la sensazione che fossero più di 36 chilometri è stata confermata, in realtà ne abbiamo percorsi 37,4 (stando al Garmin di una podista che ha corso la stessa gara).
Il percorso della CormorUltra, che costituisce la parte finale della ben più lunga competitiva di 68 chilometri che parte da Buja, si snoda lungo il corso del Cormor. Si alternano tratti di sterrato, di sentiero, di terra battuta, di ghiaia, di erba appena calpestata. Il paesaggio naturale ti accompagna e ti fa compagnia in tutta la sua varietà, le sensazioni che ti invia la natura sono bellissime. Ti trovi a correre nei pioppeti (lì ti senti davvero piccolo), lungo gli argini, passi sotto l'autostrada, in mezzo ad alti arbusti in cui devi andare in fila indiana. Il tempo atmosferico ha contribuito notevolmente alla riuscita della gara, il sole non è mai sparito, ci ha accompagnato anche se a volte in compagnia del vento.
Ottima l'organizzazione gestita egregiamente dal Gruppo Marciatori Udinesi, il percorso era ben segnato, non c'era possibilità di sbagliare; il chilometraggio era segnalato ogni 2 chilometri, i ristori erano sempre forniti di ottimo tè caldo, e di tutto ciò di cui un podista può aver bisogno, anche di persone gentili, sorridenti, interessate alla tua fatica, disposte a darti una mano; lungo il percorso e gli incroci c'era sempre qualcuno a “scortarci” (l'unico punto critico è stato l'attraversamento della Napoleonica). Alla fine pastasciutta, patatine, affettati, birra, vino per tutti. Da rifare sicuramente, anche se molto impegnativa e poco frequentata. Ma vale il detto ”pochi ma buoni!”
Insomma, una gara a tutti gli effetti, l'unico elemento della non competitiva è la mancanza di una classifica, ma non ne ho avuto bisogno. Ho corso per me stessa, mi sono messa alla prova e ce l'ho fatta. Mi pare di essere arrivata sesta tra le donne, ma è un dettaglio...


lunedì 5 ottobre 2009

La mezza maratona di una podista poco efficiente (Buttrio UD)

L'arrivo... due salite, una tosta, l'altra impegnativa: il mio orologio impietoso inesorabile mostra i secondi scorrere veloci, troppo veloci; sono quasi vicina ad abbattere il muro, il fatidico muro delle due ore. Non ce la faccio. Arrivo a 2:00:49.
Ma la grande soddisfazione di aver tagliato il traguardo e di aver fatto il mio Personal Best ripaga ampiamente le mie aspettative, dopo le piccole delusioni provate nelle prove precedenti, soprattutto dopo il deludente – per me risultato della mezza di Udine della scorsa settimana. Naturalmente chi scrive non è una campionessa, ma una podista che corre solo per stare bene e che partecipa alle gare per trascorrere domeniche... alternative in compagnia di chi condivide la sua stessa passione.
Avevo deciso di correre questa mezza maratona solo per esserci a questa sua prima edizione, per spirito di campanilismo, ma davvero senza preoccuparmi molto di tutto il resto. In fin dei conti ne avevo già corsa una la settimana prima... quindi mi apprestavo a correre il solito “lungo” domenicale. Con la differenza che avevo un pettorale con un chip attaccato alla canotta e che al mio arrivo sarei stata “registrata” in qualche database. Ed avere un pettorale fa la differenza rispetto ad un allenamento: mi metto alla prova, gareggio contro me stessa, e imparo a conoscere il mio corpo, i miei limiti, le mie difficoltà; scopro ciò che è da migliorare e ciò che è migliorato rispetto al passato. E' una sensazione positiva, che mi stimola a partire fiduciosa e a mettercela tutta per arrivare al finish, senza abbandonare.
Il percorso si snodava lungo le “strade del vino”, in uno splendido paesaggio quasi autunnale, ma con il calore dell'ultimo sole estivo gradito sulla pelle e non troppo fastidioso. I chilometri si succedevano abbastanza veloci, esperienza nuova per me, correvo bene, sono arrivata al decimo chilometro con qualche minuto in anticipo rispetto alla mia solita media – da “runner poco efficiente”, come lessi in un sito –. Insomma, questa piccola vittoria intermedia mi ha rincuorata, mi ha dato coraggio e mi ha fatto credere nelle mie possibilità. Ho mantenuto quindi questa media e ritmo quasi fino alla fine. Gli ultimi 4 chilometri sono stati difficili, leggermente in salita, e qui mi sono serviti i consigli di Paola, di Oriana, le strategie di chi ha più esperienza di me; non ultimo mi ha aiutata il timore che alla fine Guido mi avrebbe aspramente bacchettata se non avessi fatto meglio, e anche il pensiero di tutti quelli che mi hanno sempre incoraggiato a dare il massimo nei momenti più difficili. Quindi “gambe in spalla e partire” diceva mio nonno, ed è quello che ho fatto. Il resto è storia, un obiettivo insperato (date le premesse) è stato raggiunto e nella mia piccola collezione di medaglie c'è anche questa, bellissima, della prima edizione della Maratona delle Città del Vino.
Voglio spezzare una lancia a favore dell'organizzazione. Tenendo conto che si è trattato di una prima edizione, in luoghi in cui tali manifestazioni non sono all'ordine del giorno, che la cultura locale è più favorevole ed indirizzata verso manifestazioni di altro tipo, e nonostante i piccoli imprevisti lungo il percorso, mi sento di fare i miei complimenti, un bel percorso, un'organizzazione che ha retto e che funziona! Davvero spero che il prossimo anno ci sia la seconda, poi l'anno successivo la terza... E forse in una delle prossime, invece della mezza correrò proprio la Maratona. Naturalmente con i tempi di una podista poco efficiente, ma che arriva al traguardo felice di avercela fatta.
Agnese Amorosi


lunedì 6 luglio 2009

scrivere di corsa


Scrivere di corsa: scrivere velocemente, o scrivere dei pensieri sulla corsa.
La velocità nei nostri tempi è un must, tutto deve essere “presto”, e possibilmente “bene”, senza errori omissioni imprecisioni. La performance è ciò che conta, ma scrivere di corsa, velocemente, tanto per riempire un foglio non è la mia ambizione, quindi è trascorso un po' di tempo dall'ultima volta in cui ho scritto. Durante questo periodo, quasi quattro mesi, tante cose sono successe, altre sono cambiate, ma ho sempre cercato di mantenere alta la mia motivazione a correre, tuttavia in maniera piuttosto altalenante, una motivazione molto spesso messa a dura prova da impegni troppo pressanti, da impegni familiari, dal poco tempo a disposizione, da noiosi imprevisti (i fastîdis, come noi friulani li definiamo!). Ma imperterrita, ho continuato a correre: la Stramilano, la Maratonina dei due Castelli di Trieste, la Coppa Friuli, i Master di Atletica leggera (in cui ho vinto assieme alle mie compagne un'inaspettata medaglia d'argento nei 4x100) e di recente il torneo Gortani e Coppa Provincia. Come elenco, quale effettivamente è, rientra nello scrivere di corsa, velocemente. Tuttavia non si tratta solo di un elenco arido e sterile come tanti, ma per chi la corsa la vive, è un vero diario, o un log. In ogni gara sono racchiuse esperienze positive e negative, tanta fatica, tante aspettative e soprattutto la soddisfazione di averle portate a termine.
Scrivere di corsa, pensieri sulla corsa: oggi, durante il ritorno dall'ennesima gara della domenica mattina, con una grande stanchezza fisica, provata da un impervio percorso di montagna, ma rilassata e in buona compagnia ho avvertito il desiderio di condividere queste sensazioni, metterle nero su bianco, e trasmettere quanto il mio percorso di corsa, nonostante tutto, sia davvero significativo. E voglio farlo raccontando una gara del torneo Gortani, una gara quasi anonima, corsa oggi in un piccolo paesino della Carnia. Non ci sono tantissimi partecipanti a questa gara, ormai i volti si riconoscono e ci si riconosce, ci si saluta all'arrivo, si scambiano battute, commenti sul percorso, sul tempo, sulla forma fisica, sulle aspettative. Ci si conta, chi c'è, chi non c'è. Si osservano le avversarie storiche, ci si chiede come andrà. Io non ho mai grandi aspettative, fino allo scorso anno la montagna mi faceva paura, le vertigini spesso mi bloccavano. Non ci pensavo neppure a correre in montagna! Ma in un anno molto è cambiato grazie alla costanza. E...essere “costretta” a finire la gara, perché ti sei alzata presto la domenica mattina per farti un'ora di macchina almeno, perché per me è un obbligo morale tagliare la linea del traguardo, a prescindere dal risultato e dalla posizione, perché non vedo l'ora di finire, perché dopo ci sarà la solita allegra compagnia, perché vali qualche punto per la squadra, questo mi dà la forza di non fermarmi e di affrontare quelle salite tremende, oggi piene di fango, scivolose, anche a volte pericolose. Il percorso iniziava con una leggera salitina nel paese, seguita da una bella discesa su asfalto, che mi ha dato la possibilità di riprendere il fiato. Ma le difficoltà dovevano iniziare, dopo una scalinata abbastanza impegnativa ho dovuto vedermela con me stessa... e affrontare le mie paure. Sentiero ripido, stretto, scivoloso, silenzio, nessuno con me, e camminavo. Sono caduta scivolata, ma mi sono sempre rialzata, e alla fine dell'interminabile salita mi sono fermata al ristoro, per recuperare e bere (ma soprattutto per obbedire a chi mi dice sempre che è importante recuperare anche durante la corsa, abitudine che... faccio fatica ad acquisire). Poi affronto la discesa ripidissima, piena di fango i piedi sprofondano. Credevo di essere ultima, ma poi un movimento dietro mi ha confermato che non lo ero. Mi sono fatta forza, un grido di incitamento silenzioso, e via giù verso la seconda metà della gara, sempre più veloce, sempre più felice. L'arrivo in paese, i visi noti delle tue compagne e amiche, il tifo dei bambini, è finita, anche oggi ho fatto la mia gara, non sono arrivata ultima, quindi... missione compiuta. Non vincerò mai, ma mi basta portare a termine la gara, e questa è già una piccola vittoria. Che festeggio con la pastasciutta in compagnia dei compagni di squadra, gustata in un panorama da cartolina, in un prato in mezzo ai boschi. La corsa quindi per me continua ad essere un percorso positivo e di crescita.
Oggi ho corso. Nonostante la certezza che non avrei fatto “risultato”. Nonostante tutto, nonostante tutti, nonostante chi rema contro. Domenica la prossima.
Agnese Amorosi

commenti su podisti.net

Leggere e condividere
scritto da Gian Paolo , 29 Giugno, 2009
In poche righe hai sintetizzato il mio rapporto con la corsa, con la natura, con la gente, con i paesi.
Grazie


...
scritto da Agnese Amorosi , 30 Giugno, 2009
Grazie a te Gian Paolo. La corsa è anche questo: condividere riflessioni. Buone corse.


Da Milano.....
scritto da Davide Sanna , 30 Giugno, 2009
Ciao Agnese,
mi sono avvicinato a questa grande famiglia del running dopo avere praticato sport a discreto livello. Insegno il rugby ai ragazzini, quei ragazzini emarginati da tutti gli altri sport, perchè troppo obesi, troppo magri, troppo timidi o spavaldi...il mio compito e la gioia più grande è quello di farli sentire utili a se stessi e agli altri. Ogni tanto lì porto con me a fare qualche gara podistica per passargli il concetto dello sforzo puro, della fatica. Ho sposato una Friulana e da circa una ventina d'anni mi muovo per piacere attraverso la vostra stupenda terra. Ho girato e giro ancora tanto per lavoro mi sono mescolato con etnie e gruppi diversi, nessuna di queste però riesce ad emozionarmi quanto il tuo Friuli.
Da voi lo sforzo è elevato all'ennesima potenza, la fatica è nel vostro DNA.
Mi trovo e posso fare mio il tuo stile di runners, mi trovo nella gioia di arrivare in fondo ogni Domenica e vincere al di là del tempo percorso, la "NOSTRA" gara. Correre per il piacere d'incontrare gente diversa, correre perchè è il gesto atletico più innato e puro che ci sia. Correre per meritarsi la pastasciutta e un buon bicchiere di vino. Arrivare in fondo e sentire il corpo che si piega livido dalla fatica. Correre per entrare in sintonia con se stessi e creare quel connubbio perfetto tra il corpo l'anima e la mente.
Correre, (come tu scrivi) nonostante tutta una serie di eventi a detta degli altri sfavorevoli, ma non per "NOI" !!!!!!!!
Spero di leggerti ancora qui dentro.
Grazie Davide

domenica 21 giugno 2009

effetti collaterali

Sguardi di commiserazione:
quando arrivi all'uscita dalla scuola a prendere i bambini tutta trafelata perché hai appena fatto un allenamento o ci devi andare...
quando hai fatto una gara e sei contenta, e ti guardano con una specie di disprezzo perché magari non hai vinto nulla, e mai vincerai (e lo sai!)...
quando ti vedono patita per la fatica, e ti dicono che la corsa ti rovina...
quando ti fanno i conti in tasca per quello che spendi per le scarpe e l'abbigliamento...
quando si stupiscono meravigliati perché la domenica mattina sei in gara o fai un'uscita solitaria...
Allora questi forse non sono amici...

martedì 7 aprile 2009

la stramilano era tutta lì...


Un ricordo di gioventù, una gigantografia della Stramilano che propone la sua vera essenza: un coloratissimo fiume di persone che corrono, migliaia di visi tutti uguali ma tutti diversi, ognuno lì con una motivazione diversa, una ragione, una storia, una scommessa, un debito, una promessa, un'abitudine, ma nella loro diversità la corsa li accomunava tutti. Erano lì per correre. Fare qualcosa di diverso. Divertirsi. Combattere per il personal best. Provarci la prima volta. Trascorrere una domenica mattina in allegria, in compagnia, una volta tanto senza pensieri.
Quest'immagine, nascosta nella mente per tantissimi anni, si è risvegliata, del tutto casualmente, mentre “sfogliavo” le pagine di un sito dedicato alla corsa in cui veniva presentata la Stramilano. Avevo già corso un paio di maratonine quindi avrei potuto farcela, si trattava di organizzare tutto nei minimi dettagli. Significava andare fino a Milano, gestire i bambini, la famiglia e la casa durante l'assenza senza pesare troppo sugli aiuti esterni, chiedere i permessi al lavoro, e soprattutto iniziare ad allenarsi, dopo un inverno di corsa “veloce” nelle campestri. Nella mia mente il progetto aveva preso forma: dovevo quindi solo concretizzare questi miei pensieri. Decidere è stato facile, avevo scoperto che anche il nostro presidente ci sarebbe andato; quindi non ho più avuto dubbi e ho fatto tutto per tempo. Solo a questo punto la mia amica del cuore e altre mie “colleghe” di corsa hanno deciso di partecipare alla Stramilano, ed è stato bello seguire anche il loro percorso, le infinite discussioni in pista: gli hotel, chissà se saranno puliti, comodi; il viaggio: a che ora partire, cosa fare a Milano, come trascorrere le ore prima e quelle dopo la gara; il vestiario: cosa portare, come vestirsi in gara, chi andava a prendere gli integratori. Gli amici e i conoscenti sono stati molto presenti in questa fase, hanno condiviso questi momenti e soprattutto ho scoperto che la condivisione di esperienze le fa sembrare più ricche e più importanti, e diventano storie, storie di corsa da raccontare ad altri, durante gli allenamenti, prima delle gare, per smorzare la tensione.
Finalmente abbiamo corso la Stramilano.
Il percorso si snodava nel centro di Milano, lungo viali ampi, di solito pieni di auto, ma che durante la corsa sembravano ancora più larghi. Ci si sentiva piccoli in questi viali, con enormi palazzi che sembravano guardarci correre, piccole formichine piene di entusiasmo con una meta da raggiungere. Ognuno la propria. I Milanesi c'erano, erano in tanti, tantissimi, applaudivano, ci incitavano, soprattutto all'inizio e alla fine del percorso, agli incroci. Nonni con nipoti, persone che uscivano dalla messa, papà mamme e bimbi in bicicletta, o sui passeggini, scenette da una domenica mattina in centro senza auto. Questi Milanesi erano sorridenti, partecipi, calorosi come il sole che ci ha baciato durante tutta la corsa. Tuttavia ho visto altri milanesi, indifferenti insofferenti arrabbiati nervosi litigiosi. Per questi la Stramilano è stata solo disagio, strade bloccate, impossibilità di essere “liberi” di andare dove volevano con la loro auto, è stata un sentirsi in diritto di insultare le forze dell'ordine che cercavano con grande educazione e fermezza di spiegare, convincere, mediare. Ho visto con i miei occhi uno di questi milanesi scendere dalla propria auto, strappare il nastro rosso-bianco che rappresentava il passaggio della Stramilano, e partire in mezzo alla gente che correva. Una scena desolante, misera. Forse quel milanese aveva qualcosa di importante, non potrò mai saperlo, ma non dimenticherò la commiserazione che ho letto nei suoi occhi, né lui saprà mai quanto potrà essergli utile lasciare la sua macchina in garage e una volta tanto approfittare di una bella giornata di sole per farsi una bella camminata.
I ristori ogni cinque chilometri erano sempre riforniti, gli spugnaggi invece per chi era nelle retrovie come me non funzionavano più... tutto finito.
L'arrivo all'Arena Civica sotto un bellissimo sole primaverile è stato suggestivo, appagante, e ancor di più è stato bello ritrovare le altre per raccontarsi la corsa... la medaglia in mano, la mia amica che come sempre, ormai un rito, mi porge l'acqua.
La Stramilano era tutta lì, i preparativi, il viaggio, l'attesa... e poi raccontare, raccontarsi...
Sì, nella gigantografia di un fiume colorato di persone che corrono la Stramilano 09 potrò dire che... c'ero anch'io. Con la soddisfazione di chi ha portato a termine una prova importante. Con la consapevolezza di potercela fare di nuovo sotto altri cieli. Con una rinnovata motivazione. Con la capacità di accettare i propri limiti e una volontà rafforzata.


lunedì 2 febbraio 2009

correvo. corro. correrò


Primavera 2006, bisogno di cambiamenti per sopravvivere allo stress. Inizio a correre, da sola, ma non so perché.
Primavera 2007, dopo un anno di radicali cambiamenti l'unico punto fisso è rimasto la corsa. Corro, sempre da sola, ma non so veramente perché.
Primavera 2008, un'amica continua a dirmi: vieni con me... a correre... con il Gruppo.
Primavera 2009, dopo tre anni corro ancora, da un anno con il Gruppo. E forse ho capito perché.
In un momento difficile della mia vita ho intrapreso un percorso che si è rivelato molto efficace e soprattutto ha arricchito di esperienze positive la mia vita.
Correvo, la corsa era come un nuovo sfondo di una vita stressata e difficile, valvola di sfogo in momenti complicati, era fatica, sudore, ricerca di solitudine. Uno sfondo che a spesso diventa primo piano, sgomitando contro le difficoltà, lo stress, i problemi e quindi mi faceva stare meglio, ma da sola.
Correvo, ma l'obiettivo primario, la voglia di rimanere in forma, andava perdendo consistenza, significatività e vigore. Per un periodo avevo quasi mollato, finché la mia “amica del cuore” dopo almeno un anno o due di continua insistenza, mi ha convinta a provare. La sera in cui mi sono presentata alla coach, proprio quella sera, la mia amica non c'era! Avevo bisogno del suo supporto! Sono una persona poco espansiva, non mi piace mettermi in mostra... e mi sono trovata nella peggiore delle situazioni per me. Da sola ad “affrontare” un gruppo che già vedevo unito. “Non c'è posto per me”, pensavo, irritata delusa frustrata. Stavo pensando di andarmene, poi però mi sono fatta coraggio, e dopo le presentazioni di rito, via in pista. Il resto è storia. Piano piano ho imparato a correre, il “pinguino” - come mi definiva la coach – ha cercato di migliorare, ascoltando i consigli – preziosi – sia della coach che degli esperti, guardando, ammirando, e soffrendo le poche volte che cercava di seguire il loro passo. Poi ho capito che la corsa era una cosa del tutto personale, che dipende molto dalla predisposizione personale e soprattutto dalla costanza.
Corro, e devo ringraziare il Gruppo di cui faccio parte, e il Gruppo dei Podisti in generale, se non mi sento una “schiappa”, se riesco ad affrontare le gare senza sentirmi inutile anche quando arrivo ultima, se non me la prendo quando vengo richiamata all'ordine perché chiacchiero con il “gruppo di siorete”. Grazie alla coach che mi ha fatto provare la corsa in montagna, dove sono riuscita a combattere, in parte, le mie fobie, arrivando in lacrime al traguardo della prima corsa...ma ce l'avevo fatta... Grazie al Gruppo che riesce a rendere uno sport di per sé individuale un momento collettivo, una condivisione di esperienze. Questa esperienza mi ha arricchita molto, mi ha dato modo di conoscere e confrontarmi con tante persone e soprattutto di ri-pensare a me stessa, di mettermi alla prova, di crescere come persona, di conoscere posti nuovi, di riscoprire la mia terra. Mi ha dato la possibilità di trasmettere questa passione ai miei figli, che porto con me agli allenamenti, e che spero continuino a correre anche loro, o comunque che facciano sport con passione. Certo, il tempo dedicato a tutto questo è tanto, ma alla fine si trova il tempo per tutto, è la motivazione che conta. La mia motivazione, dalla fuga dalla realtà di qualche anno fa si è trasformata nella ricerca dello star bene, in gruppo, ma, soprattutto, star bene da sola quando non c'è il Gruppo ad aiutarmi.


Correrò. Questa è la mia forza. 

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